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Siamo stati alla HAT Sanremo-Sestriere. E abbiamo scoperto perché l'adventouring piace così tanto

Redazione
dalla Redazione il 15/09/2023 in Attualità

Reportage di Roberto Ungaro dall'evento adventouring cui ha partecipato con il team KTM: due giorni e quasi 600 km tra fuoristrada e asfalto

Siamo stati alla HAT Sanremo-Sestriere. E abbiamo scoperto perché l'adventouring piace così tanto
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Partecipare alla HAT è un’esperienza meravigliosa. Punto. Potrebbe finire qui il pezzo. C’è dentro tutto in questa frase. Ma vale la pena approfondire qualcosa.

Per uno come me, che arriva dal racing, pur se è un lontano ricordo (ma quella roba lì ti rimane dentro tutta la vita), ci può essere qualche pregiudizio nei confronti dell’adventouring. Perché io godo quando smanetto, quindi pochi km - ma di qualità - e non girate infinite dove l’obiettivo principale è giungere alla meta. Ma, dopo questa HAT, mi devo ricredere. C’è un perché anche nell’andare piano, nello scoprire, nel conoscere posti nuovi, nel seguire una traccia, nel dosare le forze, nel condividere con due amici, nel macinare km e km. Un fuoristrada diverso. Che qui è stato così.

 

Venerdì 8 settembre: come quelli veri

Sul mare, a Sanremo, c’è un paddock/villaggio di quelli veri (20 stand). Tensostrutture, bandiere e striscioni sembrano quelli di un appuntamento racing. Ma come? Non è una sorta di cavalcata? Mi dico… E invece ti senti dentro a una manifestazione competitiva, come percezione, pur se non c’è una classifica e, ogni due per tre, ti raccomandano di usare la testa.

Ci sono tanti sponsor, tutti di questo mondo: gomme, sistemi di navigazione, borse e abbigliamento. Il colore con cui partecipo è presente in modo importante. KTM è partner dell’evento. Io guiderò una 790 gommata Pirelli Scorpion STR, lo chef Roberto Valbuzzi una 890 R e lo spettacolare Marco Iob (soprannominato Iobelix per la sua stazza) una 1290 R Super Adventure (entrambe gommate Metzeler Karoo 4, che quando c’è da fare sul serio riescono far sembrare queste maxi delle mono). Praticamente sono tre matrioske queste moto, che si incastrerebbero una dentro l’altra per dimensioni, coerenti con le nostre stazze (e io sono il più nano del gruppo...).

Iob lo conoscete tutti, fa numeri pazzeschi con le Maxi (marco.iob_advrider), Valbuzzi (notordinarychef) lo conoscono invece tutte le donne (un invidia…), perché da 13 anni è dentro alla scatola magica a raccontare come si cucina. E avendo un bel faccino…1+1 fa 2. Anzi 3, nel suo caso. È super preparato, super determinato e super capace. È la classica eccezione, perché rappresenta la terza generazione che ha valorizzato e fatto decollare ciò che i nonni avevano iniziato (Crotto Valtellina, a Malnate, Varese). Chapeaux. E smanetta pure, perché dai 16 ai 21 anni ha corso in Enduro (Trofeo KTM e parte degli Assoluti). Ma torniamo all’evento.

 

Una reunion fronte mare

Questo è un giorno di cazzeggio. C’è una finestra temporale per iscriversi (dove ogni squadra riceve un tracker per la geolocalizzazione) e poi, alle 19:00, la presentazione ufficiale al teatro del Casinò. Quindi tanto tempo libero, ed essendo ancora estate, ci sta anche un bel bagnetto, che è proprio lì sotto. Figata.

È bello vivere il paddock, perché è una marea multiforme: 539 iscritti, di cui la metà sono nuovi e, metà del totale, stranieri. C’è di tutto. Tante maxi, ovvio, ma anche tanta roba più leggera, mono, datata, strana. All’estero sono meno fighetti. Non se la menano. C’è quello che arriva da Monaco su una BMW R 65 G/S (rara da noi), ci sono alcune TT/XT/Dominator youngtimer, qualche DR, una marea di KTM, Tante GS e tante Ténéré (ma meno delle mie aspettative). Pochissime Ducati Desert X, Aprilia Tuareg e Triumph. Ci sono anche due Harley Pan America, una SWM poco fuoristradistica e, addirittura, una Husqvarna Vitpilen.

Grande interesse suscita la Kove, anche perché c’è il CEO, un cinese dalla stazza minuta e dalla parlata buffissima, che partecipa personalmente. Molte Case hanno una squadra partecipante (sono 9), assenti Yamaha e Aprilia (impegnate al Transanatolia), Ducati e Fantic. E tante sono le presenze espositive: KTM, Triumph, Kove, Yamaha Germania e un’interessante special Suzuki (di Stefan Hessler, ex ingegnere della mitica Simson).

 

Siamo stati alla HAT Sanremo-Sestriere. E abbiamo scoperto perché l'adventouring piace così tanto
Il team KTM (con Roberto Ungaro sulla destra) pronto alla partenza

Perché Sanremo è Sanremo: si parte da qui

Il briefing è una cerimonia più che un “vi diciamo che”, durata 1 ora e 40 minuti, comodamente seduti in poltrone vellutate rosse (i 500 posti a sedere del teatro del Casinò di Sanremo). Soliti ringraziamenti agli sponsor, presentazione della nuova (e vista solo sul web) KTM 890 Adventure R Rally (il test è già online qui) e inno delle 15 nazioni partecipanti (cosa che scalda l’animo dei presenti). Un po’ lunga, ma bella storia.

Alla sera di venerdì, ore 22, partono i 40 solitari che corrono la Extreme 1000 (980 km, con bivacco notturno) e, a seguire, i 120 iscritti alla Extreme (780 km). Vederli scendere dalla pedana sotto i riflettori fa un certo effetto. E ancora di più ne fa pensare che guideranno tutta la notte. Noi della Classic, più comodi perché faremo “solo” 580 km, partiamo sabato mattina alle 10:00, preceduti da quelli della Discovery (480 km e una percentuale di asfalto maggiore).

In sintesi, ce n’è per tutti i gusti, la HAT è sia per gli eroi in stile trialtleti o per i neofiti dell’Adventouring (Discovery). Noi stiamo in mezzo. Lo zoccolo duro.

 

I conti in tasca

Prima di giungere a Sanremo, ho pensato: ma perché si paga quell’iscrizione, tra l’altro anche importante, per non avere in cambio albergo, pasti seduti e bla bla bla? Mi sono ricreduto in un amen, vedendo che ambaradan hanno messo in piedi. 56 persone dello staff presenti, di cui 20 addette alla sicurezza (5 unità mobili 4x4), tutto il lavoro che c’è dietro per tracciare il percorso, chiedere i permessi, organizzare i ristori, i bivacchi etc etc. Una macchina impressionante fare questo HAT, che al debutto del 2009 vide solo 12 iscritti, per arrivare ai numeri di oggi che vi ho descritto.

Corrado Capra, il papà dell’evento, patron di Over2000ride, è evidente che ha non una, ma qualche marcia in più. Oltre ad essere ingegnere e motociclista, a me piace un sacco perché è low profile, parla poco ma dice cose interessantissime ed è uomo dalle buone maniere (sempre più una rarità). Nicola Poggio, entrato nella HAT nel 2016, è la sua perfetta complementarità, essendo un guru della comunicazione e un profeta dell’entusiasmo. Insieme, spaccano. È lì da vedere.

 

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Sabato 9 settembrela Liguria che non ti aspetti

Ci siamo. Si parte. Marco Iob sembra la Ferragni tanto è social, produce reel e stories in quantità smodata, è sempre col telefono in mano, saluta tutti. Marco Valbuzzi idem, ma è più misurato. A lui lo fermano le sciure, soprattutto quelle fuori dal giro moto. Prima del via controlla la borsa termica che si porterà al seguito, con salamino, frutta secca e chinotti da 33 ml in vetro. La classe non è acqua… Con noi c’è l’operatore Andrea Vignone, alias Crazy Vigno, su Gas Gas ES 700, un’endurista che dà del gran gas e riprende tutto in tempo reale col suo telefonino (mai visto uno così veloce e tuttofare, tant’è che gli affido il soprannome REC per come è lesto a registrare, soprattutto in situazioni difficili).

 

Fuoristradismo: fuoristrada e turismo insieme

Lasciata Sanremo, ci si arrampica nell’entroterra, il primo Off è una stradina di cemento che poi si trasforma in tratturo accidentato (tipico in Liguria). Non ci sono mai single track troppo impegnativi, però il sasso sta alla Liguria come il sanpietrino sta al centro di Roma. Quindi se ne fa un’indigestione. Iob danza sul suo transatlantico bevendoseli, lo chef non se la cava affatto male, mentre io arranco po’. Questo perché la mia 790 è più stradale, ha sospensioni con meno escursione, taratura più dura ed ergonomia meno felice (nonostante mi abbiano montato sella adventure e pedane maggiorate).

Risultato, mangio polvere. Che non è bello… ma devo farmene una ragione e sarà così per tutti i due giorni. Ma non posso aver disimparato ad andare in moto tutto di un colpo, così mi scambio per pochi km la moto con lo chef. Altra musica… Non perché la sua sia una 890, ma perché è una R. Incassa, sostiene, è confortevole, ferma sulla pietra, ci giochi di più. Davvero un’altra storia. Amen. Riprendo il mio “bassotto nero” e pedaliamo. Ci sono da fare 260 km oggi. È lunga.

 

Dove il tempo si è fermato

A un certo punto arriviamo a Pigna, un piccolo borgo arroccato, dove c’è il primo ristoro. Entriamo dal retro nel paese, lo attraversiamo infilandoci in un vicolo strettissimo, fra le case in pietra. Molto suggestivo. Scendiamo ancora, si apre uno spiazzo coperto dove, oltre a cibo in quantità, cantano e suonano dal vivo. Un welcome speciale, meraviglioso, commovente. Sembra di essere entrati nella vita della gente, e la moto non è un’intrusa, ma quello strumento che ti fa vivere quel cortocircuito. Finisse qui, io sarei già a posto, perché questa pausa vale la giornata intera. Bravissimi.

 

Vicino alla via del sale

Ripartiti, si vedono i cartelli di Monesi e Molini di Triora, località che conoscono coloro i quali hanno fatto almeno una volta la famosa via del Sale, quella più gettonata che parte da Limone Piemonte e scende verso il mare. Ma noi quei paesi non li attraversiamo, perché la HAT si infila nei pertugi, passa nell’inaspettato, unisce tratti poco battuti, per poi percorrere comunque strade militari di confine. Che possono avere piccole gallerie, passaggi suggestivi, viste a strapiombo (chi soffre di vertigini ne tenga conto), ma non presentano mai difficoltà troppo elevate.

Il fondo è sempre compatto e la carreggiata mai troppo stretta. Così, lambendo il confine francese, ci portiamo in altura, sul colle del Garezzo. Pausa pic-nic, attacchiamo il salamino e le bevande portate da Valbuzzi. Momento di ilarità. Ci sta.  Produrre contenuti video/foto dilata enormemente i tempi, siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Decidiamo così di recuperare, tagliando qualche piccolo tratto in Off.

 

Hai capito la 790…

Su asfalto mi prendo la rivincita sugli altri due, perché la mia 790 è più adatta: bassa, agile, ha pochi cambi di carico, gomme meno tassellate, è ferma nella linea impostata e invita proprio a curvare. Ci prendo un gran gusto. A ogni pausa ricevo insulti e improperi (scherzosi) dal resto del gruppo, perché faticano a tenere il passo. Pari e patta, uno pari e palla in centro. L’unico limite della mia moto è che tocca presto cavalletto e pedane nei tornanti affrontati guidando in modo ignorante, in stile Supermotard. Ma ci sta… Non è certo normale guidarla così. L’arrivo in albergo è un po’ come un arrivo di tappa: stessa stanchezza, stessa condivisione di aneddoti, sensazioni, emozioni. Che bello andare in moto… lo faccio da una vita, eppure ha sempre il suo perché. Stupisce ogni volta. Non sei mai pago.

 

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Si festeggia il compleanno di Roby...

Domenica 10 settembre, un giorno speciale

Secondo giorno. La colazione in albergo viene improvvisamente interrotta dall’ingresso chiassoso di una torta. È il mio compleanno. Paolo Fabiano, PR KTM Italia, si è ricordato e, da buon professionista qual è, organizza il siparietto. Imbarazzo e gioia si fondono assieme. Ma è toccante. Sì, purtroppo divento sempre più un v… di m…, ma l’aspetto importante è che festeggio facendo la cosa che più mi piace fare. Con persone che non conoscevo e che, grazie alla moto, mi sembrano già amici. Sembra retorica, ma non va mai dimenticato questo aspetto del nostro mondo.

 

Vicino alle nuvole

Ripartiamo presto domenica, con la luce ancora bassa. Fa freschino. Quando parti in quelle condizioni, dopo pochi chilometri pensi già al primo caffè. Che arriva puntuale dopo un’oretta. Ci avviciniamo ai passi delle Fenestrelle, al Colle dell’Assietta, luoghi carichi di storia e amati dai motociclisti perché, pur se regolamentati, consentono l’attraversamento. Ci si sente un po’ meno fuorilegge lì, e la vista è mozzafiato.

Si convive con un pubblico più allargato, camminatori, ciclisti e anche auto. Ma va bene così. È già buono convivere, di solito siamo solo noi il male. Quando superi i 2mila metri di altitudine, la vegetazione scompare, sembra di stare dentro a un plastico di velluto verde, con la strada che disegna serpentoni infiniti. Mozzafiato.

Sotto c’è Sestriere, nostro arrivo. Gli ultimi metri sono quasi in parata, per condividere la pedana così come siamo partiti, assieme. La stanchezza ci lascia per un attimo, superata dall’euforia. Ci sono poche cose che aggregano come la moto, e se la guidi HAT questa magia si eleva. Penso che per tre amici sia una cosa pazzesca parteciparvi: ho goduto io che non conoscevo i miei soci. E senza guardare un cronometro (pur se qualche momento adrenalinico ce lo siamo vissuto). Incredibile. Chi l’avrebbe mai detto? Sarà mica perché sono invecchiato mentre la facevo? 

 

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